Musica, quanto guadagna un artista in Italia: l’ultimo studio

Quanto guadagna un artista in Italia con le sue canzoni? Una domanda complicata a cui rispondere, soprattutto tenendo conto del potenziale grande indotto a cui un cantante può accedere – provando a pescare di volta in volta nuove fonti di reddito, seguendo strade diverse e inesplorate per incassare da un lavoro che è profondamente cambiato negli ultimi decenni.

Quello su cui vorremmo focalizzarci brevemente è il tortuoso percorso che le canzoni seguono una volta che vengono caricate sulle piattaforme streaming per provare a guadagnare dei soldi partendo da lì – con un numero di utenti in costante crescita che utilizza strutture come VPN Italia per evitare brutte sorprese ed essere certo che tutto vada per il verso giusto anche online.

Come guadagna una canzone dalle piattaforme streaming? Scopriamolo brevemente insieme, senza dimenticare che altri importanti incassi per i cantanti arrivano dal merchandising, dall’opportunità di lavorare come influencer sui sociale e soprattutto dai concerti – eventi fisici che sono tornati di grande moda dopo la pandemia e che restano uno dei pochi modi “diretti” di guadagno.

Musica, quanto guadagna un artista in Italia l'ultimo studio

Quanto paga un singolo streaming di una canzone? Lo studio in base alle piattaforme

Il mondo dello streaming ha cambiato le scelte industriali della discografia – che fino allo scorso decennio guardava alla vendita dei cd come parametro di riferimento: se non vendevi dischi non solo non eri nessuno, ma non riuscivi neanche a raggiungere i tuoi potenziali ascoltatori. Eri fuori da tutto. Ora tocca invece contare il numero di riproduzioni, appoggiandosi poi ai coefficienti di conversione che ognuna delle piattaforme corrisponde agli artisti, senza dimenticare un dato comune: per ritenere valido uno stream ai fini del pagamento, il brano deve essere riprodotto per almeno 30 secondi.
A quel punto poi, si passa all’incasso: il più “generoso” con gli artisti che performano sulla loro piattaforma è Apple Music, che fa guadagnare 0.009 euro per ogni streaming – ne servono 112 per raccogliere un euro – mentre Spotify paga 0.003 euro per ogni stream – quota totale per un euro fissata a 334 (ci sono altre piattaforme nel mezzo, con pagamenti intermedi ma di solito anche meno utilizzate). Il meno generoso? YouTube (Official Artist Channel): le visualizzazione spesso schizzano in alto, ma per raggiungere la soglia di un euro tocca fare ben 667 stream – 0.0015 euro per ogni ascolto di almeno 30 secondi. La platea potenzialmente raggiungibile però è davvero molto ampia.

Quello che finisce in tasca agli artisti però è meno del previsto

Non è tutto oro quel che luccica: una volta raggiunta la quota necessaria per incassare un euro, quella cifra non finisce certo nelle tasche dell’artista. No, le piattaforme “splittano” in percentuale quel guadagno, cedendo alla casa discografica o a chi detiene i diritti della canzone una parte dell’incasso dagli stream. Anche in questo caso, le varie piattaforme fanno una divisione soggettiva di tale ammontare: nel caso di Apple Music ad esempio, all’artista viene corrisposto il 52% di quanto raccolto (più generosa in fase iniziale, ma poi resta in cassa ben il 48%). Percentuali simili invece sia per Amazon Music che per Spotify, che trattengono il 30% e pagano il restante 70% all’artista – che tuttavia dovrà poi fare altri conti e altre divisioni che vanno a erodere sempre più quel capitale.

Insomma, di questa torta la fetta finale che resta subisce tanti passaggi intermedi che ne riducono la portata, così che sono soltanto in pochi quelli che possono dirsi “arricchiti” dai guadagni dagli streaming.
Un esempio: Cenere di Lazza è stata la canzone italiana più ascoltata dei primi sei mesi del 2023, con oltre 104 milioni di riproduzioni. Un numero che porta la cifra di incassato a 303.00 euro teorici, ma che in pratica sono finiti soltanto per metà nelle tasche del cantante milanese: si, certo, decisamente una bella cifra lo stesso.

 

 

 

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